Anche gli imperi hanno le loro discrepanze amministrative.
Non sono poche le testimonianze, anche autorevoli, che raccontano una Roma che, almeno sotto uno dei tanti profili burocratici, aveva diversi problemi a procedere.
Per tutti è dato scontato che il primo teatro stabile in pietra di Roma fosse quello di Pompeo, che sorgeva con edifici annessi più o meno dove oggi sorge il Teatro Argentina, con la cavea, di cui resta ancora qualche laterizio in un salone dello storico hotel Lunetta.
Lì, dove una volta c’era il Campo Marzio, lì dove si è scoperto fu assassinato Cesare, proprio su quelle pietre di fronte al Teatro Argentina che facevano parte della Curia di Pompeo, e sulle quali morì solo e attorniato dai gatti come fossero spiriti il grande Antonio Crast.
Un teatro con una cavea di 150 metri la cui forma è ancora visibile, in via del Biscione.
Un teatro che, nonostante la cultura greca a Roma penetrava già sul finire del III secolo, venne costruito solo nel 55 a. C. e nonostante ancora il successo di pubblico che riscuotevano gli spettacoli teatrali, pubblico che riempiva gli allora temporanei teatri in legno.
Numerose sono le testimonianze di come, al susseguirsi dei collegi di Censori, si susseguivano anche gli indirizzi nella costruzione di teatri.
Ai Censori toccava eseguire il censimento, occuparsi della cura morum (cioè controllare l’integrità dei cittadini) e svolgere la lectio senatus (assicurarsi che i senatori fossero degni di questa carica).
Ma loro compito era anche quello di autorizzare le spese da investire nei teatri. Capitava così che se una magistratura acconsentiva allo svilupparsi di un teatro più stabile (magari soltanto nella parte della scena) quella successiva ordinava di distruggere tutto considerando l’impianto come dice Tito Livio inutile et nociturum (una struttura inutile e che anzi avrebbe nuociuto).
Questo perché?
Perché stare lì ad aspettare l’inizio dello spettacolo non veniva considerata come una forma di bonum otium.
Ché poi anche il concetto di bonum otium è molto più greco di indole che romano.
Ma al di là della motivazione ufficiale, in uno degli stati considerati a tutt’oggi tra i più efficienti, modello per quello avvenire geniale e insuperabile, l’inefficienza e gli sprechi nati da cattive amministrazioni che agiscono insensatamente per motivi di interesse erano altresì presenti.
Così come giostravano il loro potere di selezionare i membri del Senato, grazie alla lectio senatus, così con i fondi da distribuire per i teatri e con la loro opera di gestione della moralità servivano spesso il partito; e al variare della corrente, variavano perfino gli edifici pubblici.
Così l’alternarsi della politica trasformava continuamente lo Stato in una tela di Penelope.
Ma almeno all’epoca i teatri, pur da distruggere, erano capolavori, qualunque fazione li erigesse.
Giselda Campolo
http://www.signoraggio.it/anche-gli-imperi-hanno-le-loro-discrepanze-amministrative/
IN QUESTO BLOG I COMMENTI SONO DISABILITATI, SE SEI INDIGNATO E/O VUOI OFFENDERCI VUOI LASCIARE IL TUO PENSIERO PUOI UTILIZZARE LA NOSTRA PAGINA FACEBOOK
Commenti
Posta un commento